La neuropatia periferica indotta dalla chemioterapia (CIPN) rappresenta uno degli effetti collaterali delle cure contro il cancro. Essa si manifesta con formicolii, intorpidimenti e alterazioni della sensibilità al tatto e alla temperatura nelle zone periferiche del corpo, soprattutto mani e piedi. La neuropatia può intervenire a causa dei danni ai nervi provocati dalla chemioterapia. Solitamente, la neuropatia regredisce una volta terminato il trattamento, ma in alcuni casi può protrarsi per diversi mesi o persistere. Ad oggi non esistono terapie di successo per la prevenzione e il trattamento di CIPN.

Un gruppo di ricercatori israeliani ha preso in considerazione la neuropatica acuta indotta da oxaliplatino, un agente chemioterapico che interferisce con le fasi del ciclo cellulare, con l’obiettivo di analizzare un eventuale ruolo terapeutico della cannabis. L’analisi retrospettiva ricorda il forte impatto della neuropatia periferica sulla qualità della vita dei malati di tumore: il disturbo “è evidente fino al 90% dei pazienti trattati con oxaliplatino e l’esposizione continua può portare a una grave neuropatia cronica in circa il 31%”.

La pianta di cannabis contiene diversi composti attivi, tra cui THC e CBD, considerati “i più clinicamente rilevanti” e che sembra siano in grado di ridurre la tossicità della chemioterapia. Diversi studi hanno dimostrato l’efficacia della sostanza contro la nausea e il vomito causati da chemio e radioterapia. I ricercatori hanno valutato l’influenza della cannabis sulla CIPN, concludendo che “il tasso di neuropatia è stato ridotto tra i pazienti trattati con cannabis e oxaliplatino. Questa riduzione è stata più significativa nei pazienti che hanno ricevuto cannabis prima del trattamento con oxaliplatino, suggerendo un effetto protettivo”.