I cannabinoidi potrebbero essere usati per il trattamento di patologie resistenti ai farmaci tradizionali. È una delle possibilità prese in considerazione dagli scienziati che, negli ultimi anni, si sono interessati ai potenziali benefici della cannabis terapeutica nella gestione di varie malattie. Dalla sclerosi multipla, ai disturbi da stress e ansia, fino al dolore cronico e all’epilessia, i cannabinoidi sembrano svolgere un ruolo importante nel trattamento di questi sintomi.

Nella pianta di cannabis sono presenti sostanze chimiche, chiamate fitocannabinoidi, in grado di legarsi ai recettori del sistema endocannabinoide del corpo umano, una rete di segnali che coinvolge le funzioni neurologiche come la percezione del dolore e dell’ansia e la regolazione del sonno. La pianta accoglie più di 400 fitocannabinoidi, ma il più studiato è il CBD, che si è dimostrato efficace contro il dolore, le infiammazioni e le convulsioni causate dall’epilessia infantile.

Come ha sottolineato The Guardian, già nel 2017 il chirurgo del cancro al fegato e al pancreas, Mikael Sodergren, si era interessato al potenziale ruolo della marijuana medica nel trattamento del dolore, soprattutto di quello causato nei pazienti dopo operazioni complesse. Successivamente, alcuni studi ne hanno dimostrato l’efficacia. Una delle ultime ricerche che lega CBD e dolore risale all’aprile 2020, quando un gruppo di studiosi del Regno Unito ha dimostrato che “il CBD inibisce la segnalazione di TRPV1 con un duplice meccanismo”. TRPV1 è un recettore che svolge un ruolo chiave nella segnalazione del dolore e la sua inibizione produce una desensibilizzazione e il conseguente potenziale effetto terapeutico del CBD contro il dolore acuto e cronico.

Per i trattamenti dei sintomi resistenti ai farmaci, però, il CBD non è l’unica soluzione e alcune terapie possono prevedere anche l’uso di THC, altro componente della cannabis, in diverse quantità. Per questo, alcune cliniche di marijuana medica hanno cercato un modo per indagare le forme di trattamento maggiormente vantaggioso per i pazienti, creando dei registri di cannabis terapeutica. In questo modo vengono raccolti dati sulle tipologie della sostanza usate dai pazienti e sulla loro efficacia.

Nel 2019, Sodergren aveva creato il Registro della cannabis medica del Regno Unito, legato ai pazienti che avevano iniziato il trattamento prescritto dai medici della Sapphire Medical Clinics. Nel 2021 sono stati pubblicati i risultati sui primi 129 pazienti: “Questo studio- scrivono i ricercatori- suggerisce che la terapia CBMP (Prodotti a base di cannabis medica, ndr) può essere associata a un miglioramento degli esiti della qualità della vita relativi alla salute”. Non solo. I dati mostrano anche miglioramenti nelle misurazioni di ansia, dolore e qualità del sonno. I risultati, però, sono ancora di portata ridotta, dato che si tratta di un campione limitato e vista l’assenza di un controllo con placebo. Anche in Nuova Zelanda è stata condotta un’operazione simile su 253 pazienti, sottoposti a trattamenti a base di CBD. I risultati hanno mostrato la possibilità di “benefici analgesici e ansiolitici del CBD in pazienti con dolore cronico non oncologico e condizioni di salute mentale come l'ansia”.

Gli ultimi studi relativi al trattamento del dolore tramite i cannabinoidi fanno ben sperare. “Penso che tra 5-10 anni avremo un farmaco per il dolore con licenza NHS- ha detto Sodergren a The Guardian- Penso che ci siano altre condizioni come l'ansia e l'insonnia per le quali le prove si costruiranno rapidamente e avremo medicinali autorizzati". Altri studiosi, invece, sostengono la necessità di studi randomizzati e controllati con placebo, per arrivare a risultati chiari e prove certe dell’efficacia dei cannabinoidi.

Diversi studi sono stati effettuati anche sul potenziale terapeutico della cannabis medica nel trattamento di alcune forme di epilessia. In questo campo, il CBD ha mostrato effetti antiepilettici e capacità nel controllo delle convulsioni nei bambini ma, ha affermato a The Guardian il professore di Farmacologia Gary Stephens, “stanno continuando molti studi clinici sull'uso del CBD per altre forme di epilessia". I risultati in questo ambito “sembrano buoni”, tanto da poter arrivare, nei prossimi anni, a somministrare il CBD per il trattamento di vari tipi di epilessia. Ma la strada non è breve: “dobbiamo fare grandi studi clinici per dimostrare che è migliore del placebo", conclude Stephens.

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