Dalle malattie neurodegenerative, a quelle tumorali, fino al dolore cronico. Sono molti gli usi medici della cannabis terapeutica. E, negli ultimi anni, il suo consumo è aumentato, come mostrano i dati del Ministero della Salute, che registrano una crescita nella vendita di cannabis: dai 58.590 prodotti del 2014, si è arrivati nel 2019 agli 860.675. Ma cos’è la cannabis terapeutica, chi può assumerla e come? Ecco tutto quello che c’è da sapere.

Che cos’è la cannabis terapeutica?

Si tratta di un tipo di cannabis prodotta esclusivamente per uso medico e terapeutico. Deriva dalle infiorescenze femminili contenenti i principi attivi centrali: il THC o delta-9- tetraidrocannabinolo, e il CBD o cannabidiolo. La produzione segue rigide norme, che ne garantiscono una qualità precisa e controllata ed evitano la formazione di muffe, batteri e contaminazioni da metalli pesanti o altri agenti inquinanti. Le piante vengono fatte crescere, quindi, senza l’uso di pesticidi e ogni passo della produzione deve attenersi scrupolosamente agli standard imposti dal Ministero della Salute che, nel settembre del 2014, ha sottoscritto un accordo col Ministero della Difesa per l’avvio di un Progetto pilota per la produzione nazionale di “sostanze e preparazioni di origine vegetale a base di cannabis per garantire l’unitarietà nell’impiego sicuro di preparazioni magistrali di sostanze di origine vegetale a base di cannabis, per evitare il ricorso a prodotti non autorizzati, contraffatti o illegali e per consentire l’accesso a tali terapie a costi adeguati”.

La produzione segue l’iter tradizionale di approvazione di un farmaco. Parlando di cannabis terapeutica, infatti, ci si riferisce a prodotti che necessitano di una prescrizione medica e che devono essere assunti secondo specifici dosaggi. Nello specifico, in Italia, quando si parla di cannabis terapeutica si fa riferimento alla cannabis FM2

Come si assume?

Per ogni paziente, è possibile usare diverse modalità di assunzione. In particolare, la cannabis FM2 può essere assunta per via orale, come decotto, o per via inalatoria. È il medico che indica le modalità in cui il paziente deve fare uso della preparazione, a seconda della percentuale di THC e CBD che si intende prescrivere. Secondo le Raccomandazioni fornite dal Ministero ai medici, nel caso in cui la cannabis terapeutica venga somministrata per via orale, chi la prescrive “indicherà al paziente la modalità e i tempi di preparazione del decotto, la quantità di cannabis FM2 e di acqua da utilizzare e il numero di somministrazioni nella giornata”.

Se il medico lo ritiene opportuno, può essere usata anche la via inalatoria, mediante l’uso di un vaporizzatore ad aria calda e filtrata. Anche in questo caso, il medico indicherà al paziente la quantità di infiorescenze da usare, la distanza tra un’inalazione e la successiva e il numero totale di inalazioni da effettuare nella giornata.

Quali sono gli effetti collaterali?

Una dose eccessiva di cannabis può causare alterazione dell’umore, insonnia, tachicardia, crisi paranoiche, crisi di ansia e reazioni psicotiche. Sono questi i principali effetti collaterali osservati a seguito dell’uso ricreazionale della cannabis. Sugli effetti relativi al suo uso medico, sono ancora in corso diversi studi. Va sottolineato che, nei due casi, i dosaggi e i modi di somministrazione sono significativamente differenti, ma i principi attivi sono gli stessi. L’obiettivo dell’utilizzo di cannabis medica, tramite la prescrizione di dosaggi mirati, dovrebbe essere quello di minimizzare gli effetti collaterali e ottimizzare quelli terapeutici.

Crea dipendenza?

La cannabis risulta una delle sostanze psicotrope d’abuso più usate e il suo utilizzo può causare dipendenza, provocando danni cognitivi e psicotici. Quando la cannabis viene impiegata per uso medico, alle dosi raccomandate, solitamente inferiori rispetto a quelle della cannabis ricreativa, ” si riduce il rischio di dipendenza complessa”. Per questo, il medico è chiamato a valutare attentamente il dosaggio da prescrivere ad ogni paziente, tenendo conto anche di eventuali rischi di dipendenza.