Il cannabidiolo (CBD), uno dei principali componenti della cannabis, può essere un efficace antinfiammatorio. A rivelarlo sono alcuni studi scientifici che hanno messo in luce le potenzialità del CBD, unite ai minimi effetti collaterali che il cannabinoide potrebbe provocare.

“Trenta volte più efficace dell’aspirina”

Nel 2019, una ricerca dell’Università di Guelph, in Canada, ha rivelato la grande potenza della cannabis come antinfiammatorio. Secondo lo studio, pubblicato su Phytochemistry, l’efficacia antinfiammatoria deriva dalla presenza nella cannabis di due molecole: la cannaflavina A e la cannaflavina B. I ricercatori hanno portato avanti le scoperte precedenti, che già nel 1985 avevano evidenziato le potenzialità antinfiammatorie della cannabis, sperimentando l’azione della canapa sativa sui ceppi pro infiammatori. I risultati dei test hanno rivelato che le due molecole presenti nella pianta combattono le infiammazioni, riuscendo addirittura a colpire il dolore nel suo punto di origine. La potenza della cannabis come antinfiammatorio è risultata trenta volte maggiore rispetto a quella dell’aspirina. Inoltre, la cannafavina A e B, non hanno effetti psicoattivi e non danno dipendenza.

Le altre evidenze scientifiche

Già nel 1985 era stata evidenziata l’efficacia antinfiammatoria della cannabis. Successivamente, numerosi studi hanno indagato le possibili applicazioni dei cannabinoidi in ambito medico e terapeutico, soprattutto a partire dal 2017, quando l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) pubblicò uno studio sul CBD. L’analisi dimostrava le grandi potenzialità del cannabidiolo e lo indicava come non pericoloso, tanto da decidere di non considerarlo come sostanza stupefacente. Dopo questa presa di posizione sono stati tantissimi gli studi scientifici che hanno iniziato ad analizzare la cannabis terapeutica e in particolare il CBD, come potenziali sostituti di antidolorifici e antinfiammatori. Uno studio del 2018 citava recenti meta-analisi che esaminavano l’uso della cannabis medica nel dolore cronico e fornivano diverse prove dell’attività analgesica e antinfiammatoria dei cannabinoidi. Poi, nel 2019, i ricercatori dell’Università dell’Insubria di Varese, in Italia, avevano nuovamente studiato le possibili applicazioni della cannabis terapeutica e in particolare del CBD nel trattamento di alcuni sintomi. I risultati ottenuti dai ricercatori italiani supportavano l’uso dei cannabinoidi “per arginare l’infiammazione”, confermando l’utilità della cannabis come antinfiammatorio. Nonostante la necessità di approfondire l’argomento con ulteriori studi, le ultime evidenze scientifiche sembrano dimostrare l’efficacia della cannabis e del CBD come antinfiammatorio.

Gli effetti collaterali dell’ibuprofene

Gli studi effettuati sui cannabinoidi, oltre a dimostrare la potenziale azione antinfiammatoria e antidolorifica, hanno messo in luce anche la rarità di possibili effetti collaterali derivati dall’utilizzo della sostanza. Stando agli studi clinici effettuati, il CBD sembra infatti essere ben tollerato e sicuro per i pazienti che ne fanno uso. Al contrario, l’ibuprofene, principio attivo alla base dei FANS (farmaci anti infiammatori non steroidei), largamente usati per il trattamento di dolore e infiammazione, presenta effetti collaterali molto importanti. Come precisa il sito dell’Istituto Superiore della Sanità, gli effetti collaterali più frequenti dell’ibuprofene includono nausea e vomito, diarrea o stitichezza e cattiva digestione. In casi più rari, però, possono manifestarsi anche vertigini, alta pressione, edema, gastrite, ulcera, alterazione della funzionalità renale e sanguinamento. Per questo, i cannabinoidi potrebbero rappresentare un’alternativa efficace e ben tollerata nel trattamento del dolore e delle infiammazioni, soprattutto nelle problematiche croniche, che richiederebbero la somministrazione prolungata di FANS.