Il dolore cronico rappresenta oggi una delle sfide sanitarie più rilevanti e meno affrontate in Europa. I numeri parlano chiaro: un adulto su cinque convive quotidianamente con dolore che persiste da oltre tre mesi, una condizione che non solo compromette drasticamente la qualità di vita, ma genera anche un impatto economico stimato in dodici miliardi di euro all'anno, equivalente al quattro percento del PIL continentale. Si tratta di una crisi sanitaria diffusa che colpisce soprattutto le fasce più vulnerabili della popolazione, tra cui donne, anziani e persone in condizioni socioeconomiche svantaggiate.

In occasione della Giornata Europea per la consapevolezza del dolore, celebrata il 15 ottobre 2025, in CLINN abbiamo diffuso i dati che offrono una prospettiva concreta e incoraggiante su come la cannabis medica stia diventando una risorsa fondamentale nella gestione del dolore cronico. I risultati che vi mostriamo di seguito mettono in evidenza come questa forma di trattamento è una realtà clinica che sta già cambiando la vita di migliaia di pazienti.

La metà dei nostri pazienti usa cannabinoidi contro il dolore cronico

L'analisi condotta su circa 4.000 pazienti rivela un dato significativo: il 49,74% utilizza la cannabis medica specificamente patologie che implicano stati di dolore, tra cui quello cronico, quello neuropatico, il dolore oncologico e gli stati dolorosi legati a fibromialgia ed emicrania.

Il profilo demografico di questi pazienti è particolarmente interessante e rispecchia le tendenze epidemiologiche del dolore persistente. La fascia d'età over 65 rappresenta il 33,6% del totale, confermando come il dolore cronico sia una condizione che tende ad aumentare con l'avanzare dell'età, quando si accumulano condizioni degenerative, patologie infiammatorie e conseguenze di traumi o interventi chirurgici pregressi. Questi pazienti anziani, che spesso gestiscono multiple problematiche di salute e assumono diversi farmaci, trovano nella cannabis medica un'opzione terapeutica che può affiancarsi o, in alcuni casi, ridurre il carico di altre terapie farmacologiche.

Come e quando viene utilizzata

In CLINN, siamo convinti che comprendere come i pazienti utilizzano i cannabinoidi aiuti a dissipare molti preconcetti e a inquadrare questa terapia in un contesto rigorosamente medico.

La modalità di somministrazione più diffusa tra i pazienti Clinn è quella orale sublinguale, prescritta al 72% delle persone in trattamento per il dolore. Questa via di somministrazione presenta diversi vantaggi: consente un assorbimento graduale e controllato del principio attivo, garantisce una durata d'azione prolungata nel tempo e permette un dosaggio preciso e riproducibile, elementi fondamentali per una terapia del dolore efficace e sicura.

Le formulazioni utilizzate variano in base al tipo di dolore trattato, a conferma che questa terapia richieda una personalizzazione attenta. Le formulazioni bilanciate, caratterizzate da un rapporto equilibrato 1:1 tra THC (tetraidrocannabinolo) e CBD (cannabidiolo), dominano nella maggior parte dei casi di dolore cronico. Questo equilibrio tra i due principali cannabinoidi sembra offrire il miglior compromesso tra efficacia analgesica e tollerabilità, poiché il CBD tende a modulare gli effetti psicoattivi del THC, rendendoli più gestibili e riducendo il rischio di effetti collaterali indesiderati.

Per il dolore acuto, come quello associato a emicranie e cefalee, i pazienti tendono invece a preferire formulazioni ad alto contenuto di THC assunte per via inalatoria. Questa scelta si spiega con la necessità di un sollievo rapido durante gli episodi acuti: la via inalatoria garantisce infatti un effetto quasi immediato, fondamentale quando il dolore raggiunge picchi di intensità che richiedono un intervento veloce.

I risultati clinici: numeri che parlano di vite migliori

I dati sull'efficacia clinica raccolti da CLINN forniscono evidenze concrete del beneficio terapeutico della cannabis medica nel dolore cronico. Il 65% dei nostri pazienti in trattamento ha registrato un miglioramento medio di almeno due punti sulla scala NRS (Numerical Rating Scale), lo strumento standard utilizzato in ambito clinico per valutare l'intensità del dolore su una scala da zero a dieci. Un miglioramento di due punti può sembrare numericamente modesto, ma per chi convive con dolore cronico rappresenta una differenza sostanziale nella capacità di svolgere le attività quotidiane, dormire meglio e recuperare una dimensione di normalità.

Ancora più significativo è il dato relativo alla percezione soggettiva del miglioramento: secondo la scala PGIC (Patient Global Impression of Change), che chiede direttamente ai pazienti di valutare il cambiamento complessivo delle loro condizioni, il 66% si dichiara "molto migliorato". Questo dato è particolarmente rilevante perché cattura aspetti dell'esperienza del paziente che vanno oltre la semplice riduzione numerica del dolore, includendo la capacità funzionale, il benessere psicologico e la qualità di vita generale.

Infatti, i benefici riportati dai pazienti non si limitano alla riduzione dell'intensità del dolore, ma si estendono a dimensioni interconnesse della salute. Molti pazienti riferiscono miglioramenti significativi dell'ansia, spesso compagna inseparabile del dolore cronico, che genera un circolo vizioso di tensione muscolare, anticipazione negativa e amplificazione della percezione dolorosa. La qualità del sonno rappresenta un altro ambito di miglioramento frequentemente riportato: dormire meglio significa recuperare energie, favorire i processi riparativi dell'organismo e ridurre la stanchezza che spesso aggrava la percezione del dolore durante il giorno. Nel complesso, questi passi avanti convergono in un incremento della qualità di vita complessiva, restituendo ai pazienti margini di autonomia, serenità e progettualità che il dolore cronico aveva eroso.

Sicurezza e vantaggi rispetto alle terapie tradizionali

Uno degli aspetti più rilevanti della cannabis medica nel contesto del trattamento del dolore cronico riguarda il suo profilo di sicurezza, soprattutto se confrontato con altre classi di farmaci comunemente utilizzati. La cannabis terapeutica non è una cura miracolosa, ma quando utilizzata con dosaggi corretti e sotto controllo medico rappresenta un'opzione terapeutica con caratteristiche distintive importanti.

Gli antinfiammatori non steroidei, utilizzati ampiamente per il dolore cronico, presentano effetti collaterali potenzialmente gravi a livello gastrointestinale, cardiovascolare e renale, soprattutto con l'uso prolungato. Gli oppioidi, pur essendo efficaci analgesici, comportano rischi significativi di dipendenza, tolleranza (che richiede dosaggi progressivamente crescenti per mantenere l'efficacia) e una serie di effetti collaterali che includono costipazione, sedazione, depressione respiratoria e, nei casi più gravi, rischio di overdose. La crisi degli oppioidi che ha colpito alcuni paesi occidentali ha reso ancora più evidente la necessità di alternative terapeutiche più sicure per il dolore cronico.

La cannabis terapeutica, al contrario, presenta un profilo di sicurezza generalmente favorevole, con effetti collaterali che sono nella maggior parte dei casi lievi o moderati e gestibili attraverso l'aggiustamento del dosaggio o della formulazione. Non comporta rischio di depressione respiratoria, non danneggia gli organi interni con l'uso prolungato e, sebbene possa svilupparsi una forma di tolleranza, il rischio di dipendenza fisica grave è significativamente inferiore rispetto agli oppioidi. Questo non significa che la cannabis medica sia priva di effetti collaterali o controindicazioni, ma che il rapporto rischio-beneficio, in pazienti selezionati e seguiti adeguatamente, risulta spesso favorevole.

La situazione in Italia: potenzialità e limiti

In Italia, la cannabis medica è già prescrivibile per il dolore cronico che non risponde ad altre terapie, configurandosi quindi come un'opzione terapeutica di seconda linea. Tuttavia, la diffusione di questo trattamento rimane ancora limitata da vincoli di natura normativa e organizzativa. Le procedure burocratiche per la prescrizione possono essere complesse e permane una carenza di formazione specifica tra i medici, che può generare incertezza e riluttanza nell'approcciarsi a questa forma di terapia.

Nonostante queste difficoltà, l'esperienza di CLINN dimostra che, quando vengono superati questi ostacoli e si crea un percorso strutturato di presa in carico del paziente, i risultati possono essere significativi. La nostra clinica digitale ha già contribuito a trattare oltre 8.000 pazienti e rilasciato più di 15.000 prescrizioni, dando vita a un modello di cura che mette al centro il benessere del paziente attraverso percorsi terapeutici personalizzati e multidisciplinari. Il team medico-scientifico altamente qualificato supporta i pazienti lungo tutto il percorso, dalla prima valutazione alla prescrizione, fino al monitoraggio degli effetti e all'eventuale aggiustamento della terapia, garantendo anche assistenza nella disponibilità del farmaco.

Come iniziare un percorso terapeutico

Se stai convivendo con un dolore cronico che limita la tua quotidianità, puoi richiedere una valutazione medica preliminare gratuita. I nostri specialisti valuteranno la tua situazione per orientarti verso un percorso terapeutico personalizzato. Clicca qui per saperne di più.

AttenzioneLe informazioni su questo sito sono presentate a solo scopo informativo, non possono costituire in alcun caso la formulazione di una diagnosi o la prescrizione di un trattamento. Pertanto non possono in alcun modo sostituire il rapporto medico-paziente o la visita specialistica. Leggi il Disclaimer

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